Per aumentare la fertilità del terreno, contrastare la carenza organica, rallentare i fenomeni erosivi…
Tanti input e stimolazioni in pillole sono stati lanciati durante il recente convegno tecnicoscientifico
dal titolo “Dalle azioni agronomiche agli aspetti genetici, come affrontare i
cambiamenti climatici in ambito enoico”, promosso dal Consorzio di tutela vini Colline del
Monferrato Casalese, sabato 23 settembre, al Castello Paleologo di Casale Monferrato, nell’ambito
della Festa del Vino.
A succedersi negli interventi, un parterre de roi a partire dal biologo e consulente commerciale
viticolo Fulvio Scovazzi, che ha relazionato su “Il sovescio: un’antica e sostenibile pratica
agronomica”, seguito dall’agrotecnico di VignaVeritas Davide Ferrarese, che è intervenuto sul
tema “La potature della vite come strategia di adattamento climatico”. Poi, è stata la volta
dell’agronomo e divulgatore scientifico Maurizio Gily con uno speach in materia di “L’ipotesi
genetica: le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA)”, per concludere con Daniele Trinchero del
Politecnico di Torino su “La tecnologia al servizio della viticoltura”.
“I nostri terreni sono stanchi” ha esordito Scovazzi “in quanto sono stati parzialmente privati
delle caratteristiche agronomiche ottimali, per via di una serie di concause a partire
dall’incontrollato uso di pesticidi e sfruttamento del suolo andando, così, incontro ad una graduale,
progressiva e inarrestabile riduzione dell’attività microbiologica”.
Quali sono le conseguenze della stanchezza del suolo? “Sono almeno quattro e interdipendenti tra
loro. Parliamo di conseguenze di natura fisica (compattamento del suolo e bassa infiltrazione o
ristagno dell’acqua, quindi, aumento del ruscellamento e dell’asfissia del suolo favorendo la gravità
di patologie); poi, chimica (riduzione del potere tampone, dello scambio cationico e del carbone
attivo, quindi, con minor disponibilità dei nutrimenti); biologica (riduzione della biodiversità e
dell’attività microbiotica, quindi, minor controllo dei patogeni e delle infestanti); infine ecologica
(difficoltà di crescita di qualsiasi coltura e aumento della CO2)”.
L’antica pratica del sovescio, ovvero, l’interramento di specifiche colture ed essenze, risulta
così portentosa per andare ad aumentare la fertilità del terreno, contrastandone la carenza
organica. “Inoltre, il sovescio riduce le malerbe, favirusce l’assorbimento di C02, porta in vigneto
insetti pronobi che contrastano gli insetti patogeni, rallenta i fenomeni erosivi, dissoda il terreno in
maniera naturale e mantiene il contenuto di azoto nitrico” ha proseguito Scovazzi. “Un altro
vantaggio del sovescio è quello di aver la capacità di trattenere le molecole dell’acqua, preservando un ambiente di umidità nel vigneto, quindi, di ridurre l’evapotraspirazione”.
Rispetto alla vite, ci troviamo di fronte ad una fondamentale sinergia con il microbioma del suolo,
che contribuisce ad aumentare la fissazione dell’azoto e la solubilizzazione del fosforo, permettendo alla radice di espandersi
Quando si semina? “Si può seminare sia in autunno sia in primavera a seconda delle essenze scelte e/o necessarie per i diversi tipi di terreno. Si semina nell’interfila per consentire le prime lavorazioni in primavera. E’ possibile seminare mono e multi essenze a seconda dei casi, per sfruttare i vantaggi apportati dalle diverse famiglie botaniche. Tra le famiglie più utilizzate ci sono le leguminose, che prendono azoto atmosferico, perché sono in simbiosi con batteri azotofissatori presenti nelle radici e perché sviluppano radici defittonanti contribuendo a dissodare il terreno (Segale, Triticale, Avena e Orzo); poi, le crucifere (Senape, Rafano, Ravizzone, Brassica Juncea ed Eruca Sativa), che si possono associare alle leguminose, per favorire equilibrio carbone-azoto. Per la buona riuscita del sovescio è bene affinare il terreno nella maniera corretta e interrare non oltre 3-4 centimetri; in terreni molto magri, si consiglia di intervenire con concimazioni di soccorso e iniziare la semina a fine settembre/inizio ottobre. Arrivati in fioritura, infine, si trincia e si interra, soprattutto se si sono seminate crucifere”.